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  • Francesco Caracciolo ha ricevuto il Premio alla cultura nel 1985 e nel 1994, conferito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri

  • Ha ottenuto finanziamenti per la ricerca scientifica dal Ministero della Pubblica Istruzione e contributi dal Consiglio Nazionale delle Ricerche

  • È stato Forschungsstipendiat dell'Alexander von Humboldt Stiftung

  • Immigrati e disoccupati

    di Francesco Caracciolo

     

    Per dare un’idea del profondo mutamento demografico che si sta verificando nei Paesi occidentali, osserviamo quanto è avvenuto e sta avvenendo in uno solo di essi. Il caso che osserviamo è indicativo di ogni altro. Il Paese europeo senza colonie dopo la seconda guerra mondiale e ultimo a importare immigrati per soddisfare le esigenze della crescita economica e del capitale concentrato in poche famiglie, fu l’Italia. Il suo cambiamento nei decenni dal dopoguerra ad oggi fu rapido e sconvolgente. Da Paese prolifico e serbatoio di emigranti, che furono oltre diciotto milioni in meno di un secolo, divenne dagli anni ottanta del novecento il più sfrenato importatore di immigrati e il meno prolifico. Per questo suo incredibile cambiamento, il suo caso è il più adatto a farci capire quanto sta avvenendo in Occidente. Secondo una previsione fatta dall’Onu nel 2005 in Italia la popolazione autoctona sarà nel 2050 oltre dieci milioni di unità meno di quella dell’inizio del duemila; e mentre la popolazione autoctona diminuirà di numero, aumenterà quella composta di immigrati che, nel 2020, saranno oltre sette milioni di unità. È certo una previsione approssimativa, ma indicativa. Secondo calcoli altrettanto approssimativi, in Italia il numero degli immigrati regolari raddoppiò ogni decennio a partire dagli anni settanta del novecento. Negli ultimi anni dello stesso secolo gli immigrati regolari erano poche centinaia di migliaia, nel 2001 erano circa 1.700.000, nel 2003 circa 2.400.000, nel 2005 2.800.000, all’inizio del 2006 circa 3 milioni, nell’ottobre 2006 circa 3.300.000, nel 2007 circa 3.600.000. A fine 2008 erano oltre il 6,5 % della popolazione, e i neonati ufficialmente registrati in Italia erano il 12,5 % figli di immigrati (nel nord Italia il 19,5 %); nell’ottobre 2009 gli immigrati regolari in Italia erano circa 4.000.000. Sono dati approssimativi. L’Istat stima che al gennaio 2013 gli immigrati regolari residenti in Italia erano circa 4.377.000, cioè oltre il 7% della popolazione residente.

    In poco più di un decennio l’aumento del numero degli immigrati regolari in Italia è stato dunque vertiginoso. Si può ritenere ancor più stupefacente se ad esso si aggiunge l'aumento del numero degli immigrati, che nessuno sa quanti siano stati e quanti siano. Gli immigrati regolari residenti in Italia al gennaio 2013 erano dunque, stando ai dati dell’Istat, circa 4.377.000, cioè il 7% della popolazione. Quanti sono oggi, luglio 2014? E quanti sono gli immigrati irregolari, gli innumerevoli clandestini, ignoti agli istituti di statistica, alle forze dell’ordine e alle istituzioni? Nessuno può saperlo e nessuno può farne una stima, se non molto vaga. Non ci sono dati statistici recenti da cui si possa trarre quanti siano gli immigrati residenti oggi in Italia. Si possono fare solo congetture sul loro numero. Si può dire che, dal gennaio 2013 al luglio 2014, in un anno e sei mesi, l’afflusso di immigrati in Italia è stato continuo. E si può dire che il numero degli immigrati residenti in Italia, profughi, rifugiati, e in cerca di lavoro e di benessere, è molto cresciuto. Circa il 70 per cento degli italiani intervistati ritiene che nel 2013 i soli immigrati regolari siano molto più numerosi dei circa 4.377.000 stimati dall’Istat. Circa il 25 per cento degli italiani intervistati va oltre: ritiene che i soli immigrati regolari siano circa la metà della popolazione residente in Italia. Certo, tanti immigrati producono reddito e contribuiscono alla crescita economica. La Fondazione L. Moressa, nel Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione (2013), calcola che il contributo degli immigrati regolari al fisco e allo Stato italiano è di circa 6 miliardi e 500 milioni. E’ pure certo che l’accoglienza, l’assistenza e il controllo di tanti immigrati hanno un elevato costo non solo economico; e la presenza e la condotta di tanti nuovi venuti sono spesso all’origine di tensioni, di conflitti e di crimini. Stando all’Istat, il 70 per cento degli italiani intervistati è dell’avviso che il costo economico e sociale, specialmente quello dell’accoglienza, dell’assistenza e del controllo degli immigrati, supera quanto gli immigrati danno in termini di lavoro e di contributi. Al di là di contributi e di costi, c’è da chiedersi: come è possibile accogliere e ospitare milioni di immigrati in un Paese come l’Italia con risorse molto limitate e con un territorio angusto e sovrappopolato? Perché il lavoro che svolgono gli immigrati regolari, non lo svolgono gli italiani che risultano disoccupati? Perché i contributi che versano gli immigrati regolari, non li versano gli italiani che risultano disoccupati e che le istituzioni non inducono a occuparsi, a lavorare, a produrre e a versare contributi? Eppure tutto ciò è possibile, benché sembri inverosimile se si pensa che i disoccupati in Italia sono milioni, più o meno quanto i milioni di immigrati.

    Francesco Caracciolo

    Per avere esaurienti ragguagli sull'argomento si suggerisce quanto segue:

    - Francesco Caracciolo, L'integrazione dell'«arcipelago migratorio» in Occidente, pp. 168;

    - Francesco Caracciolo, Come muore una civiltà e come sta morendo la nostra, pp. 408;

    - Francesco Caracciolo, Mali estremi, pp. 176;

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